Investimenti agricoli in Africa: sarà vero sviluppo locale?

Una vera e propria corsa alla terra fertile è quella che si sta consumando sul suolo africano da alcuni anni. Protagoniste, le più grandi imprese multinazionali mondiali con il sostegno di alcuni governi stranieri. La motivazione ufficiale sostenuta è favorire lo sviluppo agricolo autonomo locale e l'esportazione di prodotti della terra. Tra i paesi più coinvolti nell'affare compaiono Etiopia, Tanzania e Madagascar.

La notizia non è di oggi e il fenomeno è in atto già da tempo. Ultimamente però, numerosi analisti, blog e testate internazionali se ne sono occupate, nel tentativo di risolvere il dubbio che mina alla base il fenomeno: quello delle multinazionali è vero intervento di sviluppo o autentico "land grabbing"? In altre parole, imprese e governi stranieri stanno cooperando alla crescita del continente o stanno realizzando un "furto di terra" che in futuro minaccerà la sicurezza alimentare dell'Africa?

Il blog "Global Voices" e il quotidiano La Stampa riportano alcune analisi sul tema.

La giornalista Stacy Feldman, scrivendone su SolveClimate News , analizza dettagliatamente la situazione: "Alcuni ricercatori hanno rivelato che le imprese straniere stanno comprando o prendendo in affitto vasti appezzamenti di terra in Africa e altrove ad uso personale". La maggior parte di esse hanno base in paesi (tra cui Cina, India, Corea del Sud e gli Stati del Golfo) rimasti scottati dalla crisi alimentare mondiale del 2008, i quali si rivolgono all’Africa come una "coperta di sicurezza alimentare". 

Dall'altro lato, chi propone questi affari sostiene che, al contrario, essi porteranno capitali, tecnologie, know how, infrastrutture e posti di lavoro. Il blog Govindan Online ad esempio, curato da un ex diplomatico indiano, definisce questi investimenti di terreni un gradito sviluppo: "Introdurre la coltivazione e costruire infrastrutture produrrà un aumento dell’occupazione su larga scala anche se questi settori saranno completamente meccanizzati".

Qualsiasi sia l'intento degli investimenti, parecchi agricoltori africani e diversi report delle ONG operanti non sono di parere positivo e denunciano i rischi di distruzione ambientale, migrazione di piccoli proprietari terrieri locali e lavoratori, sfruttamento delle risorse e perdita di mezzi di sussistenza e di sicurezza alimentare. Alcuni evocano anche il mai sepolto spettro del colonialismo, vestito d'altra (ennesima) forma.

La stessa FAO, interpellata, nutre dubbi e dichiara di avere poche informazioni sull'impatto di questi accordi internazionali. In risposta, l’organizzazione sta elaborando un codice di condotta per consentire la ripartizione equa dei benefici tra tutte le parti che entrano in gioco in questo tipo di accordi e, compensare o arginare, laddove di reale "land grabbing" si tratti, la miopia dei governi locali - da un lato - e l'avidità delle multinazionali coinvolte - dall'altro.

Giorgia Li Vigni