"Marco Toriello, 45 anni, tossicodipendente, gravemente ammalato, venerdì scorso si è ucciso impiccandosi nella sua cella del carcere di Salerno. Si tratta del sessantanovesimo recluso che si toglie la vita dall’inizio dell’anno. Viene così eguagliato il triste "record" del 2001: il numero più alto di detenuti suicidi nella storia della Repubblica." (Comunicato stampa Osservatorio permanente sulle morti in carcere - http://www.ristretti.it). Il totale dei detenuti morti nel 2009 sale a 171.
Sempre in data 21 dicembre, il sito dell’agenzia stampa Apcom riporta tra le notizie di cronaca il decesso in ospedale di un detenuto nigeriano del carcere di Teramo (http://www.apcom.net/newscronaca/20091221_125601_40ff88c_79169.shtml).
Si tratta di un primato grave e triste.
L’Osservatorio permanente sulle morti in carcere (Radicali Italiani, Associazione "Il Detenuto Ignoto", Associazione "Antigone", Associazione "A Buon Diritto", Redazione di "Radio Carcere", Redazione di "Ristretti Orizzonti") ha pubblicato in questi giorni il documento “Morire di carcere: dossier 2000-2009”.
Corredato di un lungo elenco, il dossier riporta nomi ed età dei detenuti deceduti in otto anni (2002-2009), le cause delle scomparse e in quale istituto penitenziario sono avvenute.
Nell’ultimo decennio la stima delle morti nelle carceri italiane supera quota 1.500; oltre 1/3 tra le ragioni considerate (suicidi, assistenza sanitaria distratta, morti per cause non chiare ed overdose) è il suicidio. Per la maggior parte si è trattato di persone giovani con problemi di salute psichica, fisica o di tossicodipendenza.
Nel settembre del 2009 Francesco Morelli, curatore del dossier, e la sua collaboratrice Laura Baccaro, psicologa criminologa, spiegavano in un’intervista per il blog di Beppe Grillo (http://www.beppegrillo.it/2009/09/morire_di_carce.html) l’indagine sull’aspetto oscuro delle carceri: il suicidio e l’autolesionismo.
I dati pubblicati nel fascicolo sono tratti da informazioni raccolte da fonti giornalistiche, da volontari, da familiari dei carcerati defunti e in alcuni casi dagli operatori delle carceri stesse.
Si tratta di numeri spesso maggiori di circa 20-30 unità l’anno rispetto a quelli ufficializzati dal Ministero della Giustizia http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3.wp. Le differenze si contano nel diverso modo di considerare le “morti di carcere”. Facciamo un esempio: un detenuto tenta il suicidio in cella, viene recuperato ed esce vivo dall’istituto penitenziario, muore in ambulanza oppure in ospedale qualche giorno dopo. Essendo uscito in vita dal recinto carcerario, il decesso del recluso non è considerato per il Ministero “morte di carcere”; l’Osservatorio invece lo annota come tale nell’elenco del dossier.
A spiegare le cause a monte dei suicidi e dei fenomeni di autolesione è di fondo la mancanza di speranza. I detenuti si percepiscono marginalizzati e non accettati dalla società: raramente trovano lavoro dopo la detenzione e, secondo Morelli, la politica di affidamento ai servizi sociali è stata quasi eliminata dal governo.
La risposta a tale disagio è molto spesso la fuga attraverso strategie di evasione, appunto il suicidio e l’autolesionismo. Deve inoltre essere considerata l’alta percentuale di disagio mentale presente nelle carceri, fortemente acuita dal sovraffollamento delle strutture e dalla mancanza di prospettive di vita.
Per guardare l’intervista citata ed approfondire l’argomento potete consultare il seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=mXC2nDI-OHg