Finalmente lo abbiamo fatto anche noi: anche il nostro paese ha detto no alle bombe a grappolo.
Armi terribili, piombano sui territori disperdendosi su aree molto vaste. Possono non esplodere subito ma essere letali per molto tempo. Secondo un rapporto dell'associazione Handicap International, sarebbero circa 100 milioni le bombe a grappolo rimaste ancora inesplose nel mondo. Maggiori vittime ne sono i bambini, che vi inciampano o ci giocano, rimanendone, se vivi, orrendamente mutilati. Degli 11 mila morti l'anno per le cosiddette cluster bombs, circa un quarto sono bambini.
Armi subdole e crudeli che, a dispetto delle tanto decantate armi intelligenti, hanno effetti indiscriminati e colpiscono i civili prima di tutto. Fino ad oggi sono state utilizzate in aree abitate, o nelle loro immediate vicinanze, rendendo anche più lenta, a causa della contaminazione, la fase di ricostruzione post-conflitto, la coltivazione dei campi, l'accesso ai pascoli, ai pozzi e più insicure strade, scuole ed abitazioni.
Il loro uso ha continuato per troppo tempo a sfidare principi consolidati del diritto internazionale umanitario. Già dal 2008, in realtà, la Convenzione di Oslo le aveva messe al bando. Ratificata nel 2010 da trenta paesi, era in quello stesso anno entrata in vigore. L'Italia mancava ancora all'appello. Solo pochi giorni fa ha messo ai voti in Parlamento la ratifica di questo accordo.
Ora anche da noi non possono nè essere vendute nè prodotte e le scorte ancora esistenti devono essere distrutte. Inoltre il nostro paese ha anche l'obbligo di impegnarsi consistentemente nella bonifica dei territori contaminati e nell'assistenza alle vittime. Sembrava un passo scontato, ma evidentemente non lo era per nulla. Festeggiamo dunque il senso di umanità ritrovata e il fatto che, se anche di certo non si possono rendere "migliori" le guerre, forse si possono limitare i danni rendendole meno spietate e cattive.
Al bando in Italia la produzione e la vendita delle bombe a grappolo
Cristina Mustari