Mentre anche in Italia si discute di acqua pubblica, l’Etiopia tenta di risolvere l’accesso a uno dei diritti fondamentali dell’uomo con un modello solidale di gestione idrica.
A raccontarlo è il film “The well. Voci d’acqua dall’Etiopia”, uscito il 7 giugno, per la regia di Riccardo Russo (geografo, film-maker, esperto di comunicazione e sviluppo) e Paolo Barberi (docente di antropologia culturale all’Università “La Sapienza” di Roma e film-maker).
Il docu-film segue le attività degli antichi pozzi di Erder, nelle aride distese dell’Oromia, la regione più estesa e popolosa dell’Etiopia, durante il lungo passaggio dalla stagione secca all’arrivo delle attese piogge annuali.
In quella area si estende il territorio dei Borana, popolazione di pastori seminomadi che gestiscono le scarse riserve d’acqua attraverso un’organizzazione di tipo comunitario garantendone così l’accesso a tutti senza scambi di denaro. Pozzi centenari scavati a mano nella roccia e gestiti con il lavoro volontario dei pastori permettono la sopravvivenza di questa popolazione e del loro bestiame nei lunghi periodi di siccità.
Ogni giorno i pastori più giovani si dispongono a formare catene umane per raggiungere le profondità dei pozzi e portare l’acqua in superficie.
Il pozzo diventa così piccolo sistema sociale, simbolo del delicato equilibrio tra uomo e natura ma anche della capacità umana di farsi cura e custode del bene comune.
Attraverso l’interazione con alcuni personaggi del luogo, il film ci accompagna alla scoperta di un modello di gestione idrica che consente ancora oggi ai Borana di gestire la poca acqua a disposizione come un bene e un diritto di tutti, in una delle regioni più aride della terra abitata.
“C’è una regola non scritta nella gestione dei pozzi secondo cui a nessuno possa esserne impedito l’accesso”, commentano gli autori del film: “È come se in questa remota regione del pianeta l’acqua assurga a simbolo di elemento unificante e pacificatore persino tra gruppi di etnie differenti, spesso in conflitto tra loro”.